Sono agevolabili gli investimenti, effettuati a partire dal 1º gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2020, facenti parte di un progetto di investimento iniziale, relativi all’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nel territorio individuato nelle zone assistite della Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo.

Sono esclusi dall’agevolazione gli investimenti di mera sostituzione, in quanto gli stessi non possono essere mai considerati ‘‘investimenti iniziali’’.

I beni oggetto di investimento devono caratterizzarsi per il requisito della ‘‘strumentalità’’ rispetto all’attività esercitata dall’impresa beneficiaria del credito d’imposta e della ‘‘novità’’.

L’agevolazione non spetta per gli investimenti in beni a qualunque titolo già utilizzati.

Sono esclusi i beni autonomamente destinati alla vendita (cd. beni merce), materiale di consumo, beni trasformati o assemblati per l’ottenimento di prodotti destinati alla vendita.

NOVITÀ: Con il cd. ‘‘decreto Sud’’ e` stata profondamente modificata la disciplina del credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel Mezzogiorno.

Le modifiche introdotte si applicano a decorrere dal 1º marzo 2017 e riguardano:

  • l’aumento della misura del credito d’imposta: l’agevolazione è riconosciuta nella misura del 25% per le grandi imprese situate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna e 10% per le grandi imprese situate in determinati comuni delle regioni Abruzzo e Molise. In base alla citata Carta, le intensità massime di aiuto applicabili alle grandi imprese possono essere maggiorate di un massimo di 20 punti percentuali per le piccole imprese o di un massimo di 10 punti percentuali per le imprese di medie dimensioni. Il credito d’imposta è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati, nel limite massimo, per ciascun progetto d’investimento di 3 milioni di euro per le piccole imprese, 10 milioni di euro per le medie imprese e 15 milioni di euro per le grandi imprese.

 

  Piccola impresa Media Impresa Grande impresa
a)    Dipendenti Meno di 50 Meno di 250 Da 250
b)    Fatturato Non superiore a € 10 milioni Non superiore a € 50 milioni Da € 50 milioni
  Oppure Oppure Oppure
c)     Totale di bilancio Non superiore a € 10 milioni Non superiore a € 43 milioni Da € 43 milioni

Naturalmente, tutte le altre imprese che eccedono questi parametri rientrano nella categoria di grandi imprese.

 

  • il calcolo della misura dell’agevolazione, la stessa va calcolata al lordo degli ammortamenti;
  • l’eliminazione del divieto di cumulo con gli aiuti de minimis e altri aiuti di stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammessi al beneficio. La cumulabilità è, però, ammessa ‘‘a condizione che tale cumulo non porti al superamento dell’intensità o dell’importo di aiuto più elevati consentiti dalle pertinenti discipline europee di riferimento’’

 

SOGGETTI INTERESSATI:

  • Imprenditori
  • Piccole, medie e grandi imprese

Che effettuano investimenti fra il 1º gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2020, in beni strumentali nuovi da destinare a strutture produttive localizzate nelle regioni svantaggiate: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo.

PROCEDURE: Ai fini della determinazione dell’investimento su cui applicare le percentuali previste dalla norma, il bonus deve essere calcolato sull’investimento al lordo degli ammortamenti e non più al netto degli stessi.

SCADE: Il credito di imposta spetta per gli investimenti realizzati fino al 31 dicembre 2020.

Le imprese interessate a fruire del credito di imposta hanno l’obbligo di presentare, esclusivamente in via telematica, la comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno. Il beneficiario può utilizzare il credito d’imposta, relativo agli investimenti già realizzati al momento della compensazione, con il modello di pagamento F24 telematico da inviare tramite il servizio Entratel o Fisconline, a partire dal quinto giorno successivo alla data di rilascio della ricevuta attestante la fruibilità del credito.

 

Fino al 20 Dicembre è possibile aderire al servizio di consultazione delle fatture elettroniche dell’Agenzia delle Entrate. Questo servizio che l’Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione di professionisti ed imprese serve per consultare e scaricare le proprie fatture elettroniche.

Perché è importante aderire a questo servizio?

Il servizio di consultazione è stato creato per adempiere alle nuove regole Privacy, infatti è stato richiesto obbligatoriamente dal Garante della Privacy, che ha sancito l’illegittimità del trattamento generalizzato della totalità dei dati contenuti nella fattura elettronica per un periodo pluriennale.

Oltre ad essere una tutela dei propri dati è anche un’ottimo servizio per poter accedere alle proprie fatture e poterle salvare. Le fatture che si possono visionare sono quelle trasmesse da gennaio 2019 (entrata in vigore dell’obbligo di fattura elettronica).

Entro fine 2019 l’Agenzia delle Entrate provvederà alla cancellazione di tutti i file relativi alle fatture di coloro che non hanno aderito al servizio.

Chi può aderire a questo servizio?

Non solo aziende e liberi professionisti, ma anche privati cittadini senza partita iva.

Quando e come è possibile aderire al servizio di consultazione?

In prima battuta, l’adesione a questo servizio era in vigore dal 2 luglio al 31 ottobre 2019, ma questa data di chiusura è stata spostata al 20 Dicembre 2019.

Per poter aderire al servizio di consultazione delle fatture elettroniche sono previste 2 modalità differenti. Una per le Partite IVA e una per i Codici Fiscali:

Questo servizio di consultazione non è il servizio di conservazione

Consultazione e conservazione sono due servizi completamente differenti ed è bene non confonderli. Il servizio di consultazione e scarico delle fatture è un sistema di verifica e ottenimento delle copie delle fatture, mentre il servizio di conservazione è un sistema di sicurezza mediante firma digitale e marca temporale. Solitamente questo servizio ci si può accedere solo in casi particolari, come la verifica da parte di organi di controllo.

Inoltre questi due servizi sono scollegati tra loro e l’adesione ad uno dei servizi, non comporta automaticamente l’adesione all’altro.

 

Spesso chi apre un’attività pensa di poter interagire online con i propri clienti solo ed esclusivamente tramite i principali social network del momento (Facebook e Instagram). Eppure questa pratica presenta non pochi rischi. Se non hai le idee chiare su questi temi, ecco le nozioni fondamentali per orientarti.

 

Sito web vs Social Network

Innanzitutto dobbiamo mettere in chiaro un concetto fondamentale che è quello di “proprietà”:

  • il sito web è uno spazio di tua proprietà
  • il tuo profilo aziendale sui social (Facebook, Instagram, ecc.) non è di tua proprietà

Questa che sembra una differenza di poco conto in realtà è sostanziale perché significa che il lavoro di contatto e di fidelizzazione con i tuoi clienti che svolgi unicamente tramite i social network da un momento all’altro può esserti tolto.

Non è bello aver lavorato tanto per far crescere i propri followers sulla pagina aziendale su Facebook o su Instagram e sapere un giorno che questi contatti non ci sono più.

In passato con altri social network è successo proprio così.

 

Sito web: uno spazio di tua proprietà

Avere un proprio sito web, invece, vuol dire aver acquistato un proprio dominio (ad esempio www.ilnomedeltuosito.com) che indica uno spazio – o meglio un bene – di tua proprietà.

È tutt’altra cosa costruire un rapporto con i propri clienti tramite il proprio sito web. Sai che questa piattaforma rimarrà tua finché vorrai e qui potrai caricare contenuti di qualità e fidelizzare il rapporto con i tuoi clienti con la massima fiducia.

Inoltre devi sempre ricordare che il tuo spazio web acquista anche “valore” nel tempo e, se ben impostato, può diventare un’ulteriore fonte di monetizzazione.

 

Sito web: indirizzo email professionale

Altra cosa molto importante da tenere bene a mente è che acquistando il tuo dominio potrai crearti un’email ad hoc, molto professionale (ad es. info@ilnomedeltuodominio.com)

È vero che ci sono tanti servizi gratuiti per la creazione di caselle di posta elettronica (es. gmail, libero, ecc.), però fai attenzione: spesso queste caselle create gratuitamente in caso d’invii multipli di email possono essere rilevate come spam dai filtri di ricezione ed essere rimbalzate.

Immagina d’inviare 10 email ai tuoi clienti e di venire a sapere che solo 2 o 3 vengono ricevute. Non sarebbe un bel risultato per fidelizzare i tuoi clienti!

Inoltre, avere un’email dedicata, non solo è più professionale agli occhi del cliente ma ti permette anche di tenere sotto controllo la tua attività creando delle cartelle ordinate in base ai vari messaggi che ricevi.

In conclusione

Se vuoi sfruttare appieno le potenzialità del web per stare sul punto di contatto, ovvero per farti trovare dai tuoi clienti, un sito web professionale è sicuramente lo strumento di base.

D’altronde immagina di dover scegliere di acquistare un prodotto online:

  • da un’azienda che ha solo un suo profilo aziendale sui social
  • oppure da un’altra che invece ha anche il suo sito web professionale con tutti i dati aziendali, i documenti e le certificazioni del caso riportate per esteso sul sito.

Quale delle due aziende t’ispirera più fiducia?

Depositare un marchio: perché conviene e cosa occorre fare

 

Vuoi depositare un marchio ma non sai da dove cominciare? Vorresti conoscere le procedure? Se decidi di depositare il tuo marchio scegli sicuramente di compiere un passo importante per tutelare l’immagine del tuo prodotto/servizio.

 

Depositare un marchio: si ma di che tipo?

Prima di vedere i passaggi necessari per depositare il marchio, però, è importante specificare che i marchi di dividono in due categorie di base.

 

  • Marchio Individuale: se appartiene a una singola impresa oppure ad una persona fisica (in genere è il caso più comune)
  • Marchio Collettivo: quando garantisce l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi. In genere è richiesto da un “soggetto proponente” che può essere una persona fisica o giuridica (generalmente si tratta di associazioni, cooperative o consorzi), per poi essere concesso in uso a quelle singole imprese che si impegnano a rispettare quanto stabilito nel regolamento d’uso.

I Marchi si suddividono, poi, in altre tre categorie specifiche.

 

  • Marchio verbale o denominativo: costituito solo da parole
  • Marchio figurativo: consiste in una figura o in una riproduzione di oggetti reali o di fantasia
  • il marchio misto o complesso: combinazione di parole e figure

 

 

Depositare un marchio: controlli ed analisi iniziali

Prima di cominciare, diamo per scontato che tu abbia studiato bene il tuo marchio o, meglio ancora, che ti sia rivolto a dei professionisti per realizzarlo con i dovuti criteri.

E’ importante affidarsi a degli esperti non solo per avere una realizzazione grafica di alta qualità ma anche per poter contare sulle giuste analisi preliminari ed indagini di mercato.

Infatti, una volta ideato il marchio, occorre verificare nei registri appositi che non esista già un marchio uguale al tuo, soprattutto nelle stesse categorie merceologiche d’interesse, che sono raccolte ed identificate secondo l’apposita classificazione di Nizza.

 

Deposito del marchio: procedura

Dopo questa fase di controllo e d’ideazione del marchio, devi valutare un altro aspetto molto importante.

Con questo deposito del tuo marchio vorrai tutelare il tuo prodotto/servizio solo in Italia o anche in altri Paesi esteri? In quest’ultimo caso i costi sono notevolmente superiori. Ma diciamo che per partire hai bisogno di registrare il tuo marchio sul territorio nazionale.

 

Vediamo le procedure per il deposito tramite modalità cartacea, la modalità più diffusa. Se vuoi puoi anche procedere online dal sito www.servizionline.uibm.gov.it.

 

Per presentare la domanda di registrazione del marchio d’impresa in Italia, in modalità cartacea e in qualsiasi Camera di Commercio è necessario produrre la seguente documentazione:

 

  • Documento di identità di tutti i richiedenti
  • Modulo C compilato (scaricalo da qui http://www.uibm.gov.it/attachments/article/2008436/Modulo%20MA-RI_CDC.pdf) e con il marchio inserito a pagina 4 (marchio in formato 7 cm altezza x 8 cm larghezza)
  • Eventuali fogli aggiuntivi per l’aggiunta di più classi del marchio
  • Copia del marchio in foglio A4
  • Marca da bollo da 16 € ogni 4 pagine
  • L’attestazione del Versamento alla CCIAA (Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura). Vedi il sito internet della CCIAA provinciale http://www.xx.camcom.it, dove xx = sigla automobilistica della provincia. Questo versamento va effettuato con bollettino a tre tagliandi, il costo è di 40 € per la copia semplice oppure 43 € + una marca da bollo da 16 € per avere la copia autentica

 

 

Al momento della presentazione della domanda, riceviamo:

  • la copia dell’atto depositato (copia semplice o autentica)
  • una ricevuta emessa dal sistema informatico di avvenuta presentazione della domanda
  • ed in ultimo un fac-simile del modello F24 completo dei codici tributo necessari per effettuare il versamento delle concessioni governative e dei diritti a favore dell’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi). L’importo da pagare – in genere tramite l’apposita funzione per pagare gli F24 del nostro conto corrente online (home banking) – è di 101,00 € per la prima classe e di 34,00 € per ogni classe aggiuntiva (vedere la suddetta “Classificazione di Nizza”).

 

 

Marchio depositato e marchio registrato

Successivamente dobbiamo attendere un periodo di alcuni mesi per ricevere l’esito, anche se possiamo già sfruttare il marchio subito dopo il deposito come appunto “marchio depositato”.

Se non si presenteranno intoppi, riceveremo la comunicazione che il nostro “marchio depositato” (TM) è diventato a tutti gli effetti un “marchio registrato” (®).

 

In conclusione

Se volessi procedere da solo per il deposito di un tuo marchio queste sono tutte le procedure da seguire.

Se non hai tempo o se preferisci evitare errori puoi rivolgerti ad uno dei nostri consulenti, anche per un primo colloquio, senza impegno.

Partita iva medici: tutto ciò che c’è da sapere

Hai appena conseguito l’esame di abilitazione e vuoi iniziare a lavorare come libero professionista ma ti preoccupano le procedure, i costi e le tasse da pagare?

Se desideri aprire la partita Iva per l’attività di medico da noi troverai tutte le informazioni che ti servono.

La procedura da seguire è abbastanza semplice e in questo articolo vogliamo chiarirti le idee.

 

Iscrizione all’Albo

Innanzitutto devi sapere che per l’ esercizio della professione di medico chirurgo e di odontoiatra è necessaria l’iscrizione al relativo Albo. Devi presentare la domanda di iscrizione all’Ordine della provincia in cui hai la residenza o il domicilio.

Alla domanda devi allegare le attestazioni del versamento della tassa di concessione governativa e della tassa di iscrizione all’Ordine, oltre alla fotocopia del codice fiscale ed una fotografia formato tessera. Non vi è alcun termine di presentazione della domanda nel senso che, una volta superato l’esame di abilitazione, in qualunque momento potrai presentare la domanda di iscrizione all’Albo. Inoltre, è importante che tu sappia che una volta presentata la domanda di iscrizione all’Albo non potrai cominciare immediatamente ad esercitare la professione in quanto la domanda deve essere prima esaminata dal Consiglio Direttivo Dell’Ordine, il quale, al termine dell’istruttoria, delibererà la tua iscrizione all’Albo. Solo dalla data di questa delibera del Consiglio sarai legalmente autorizzato ad esercitare la professione.

 

Specializzazioni e borse di studio

Hai appena preso l’abilitazione, hai fatto il giuramento, ti sei iscritto all’Albo. Adesso hai davanti tante prospettive tra cui quella di partecipare al concorso per entrare in Scuola di Specializzazione (SSM) o in Medicina Generale (MMG).

Il corso di Specializzazione ha una durata che varia tra i 4 e i 6 anni mentre Medicina Generale ha una durata di 3 anni.

Un’altra differenza importante è l’ammontare  della borsa di studio e l’inquadramento a livello fiscale:

  1. Scuola di specializzazione: è prevista una borsa di studio che risulterà esente dalle imposte sul reddito, si dovranno pagare le tasse universitarie ma non la Quota B dell’ENPAM. Il compenso non dovrà essere dichiarato e l’assicurazione RC/Infortunio è facoltativa.
  2. La borsa di studio prevista per il corso in Medicina Generale costituirà reddito assimilato al lavoro dipendente soggetta pertanto a IRPEF come un normale contratto di lavoro. Tale reddito non andrà a cumularsi con il reddito risultante dalle possibili sostituzioni di medici di medicina generale e guardie mediche relativamente all’imponibile per il calcolo della Quota B. Infatti i ricavi ottenuti dall’attività di intramenia e guardia medica saranno soggetti al calcolo di ulteriori contributi previdenziali da versare. Si dovrà pagare la Quota B, il 2% della borsa totale ed inoltre l’assicurazione RC/Infortunio è obbligatoria e la polizza varia a seconda che l’assicurazione copra o meno la continuità assistenziale.

E’ importante sapere che sia i corsisti in scuola di Specializzazione sia i corsisti in Medicina Generale sono inibiti all’attività libero professionale. Inoltre dovrai essere consapevole del fatto che non è permessa la contemporanea iscrizione a due università per questo motivo i corsisti in SSM  non possono iscriversi a due università contemporaneamente frequentando un master, mentre i corsisti in MMG  che fanno un corso non universitario ma Regionale possono iscriversi ad un master universitario sempre rispettando il tempo pieno di partecipazione al corso.

Versamento dei contributi: EMPAM

Probabilmente, adesso, ti starai chiedendo come dovrai versare i contributi per la pensione. Devi sapere che dal giorno della formale delibera di iscrizione all’Albo sei stato automaticamente iscritto anche alla Cassa di Previdenza dei Medici e degli Odontoiatri ( ENPAM), che è un organismo previdenziale di categoria. Nell’anno successivo a quello dell’iscrizione all’Ordine, riceverai dall’ENPAM la richiesta di contributi per il Fondo di Previdenza Generale “Quota A” che è obbligatoria per tutti indipendentemente dal reddito annuo e dal tipo di inquadramento (libero professionista, dipendente o tirocinante). I contributi di Quota A si possono pagare in unica soluzione (con scadenza il 30 aprile)  oppure in quattro rate ( con scadenze: 30 aprile, 30 giugno, 30 settembre e 30 novembre) senza interessi. Gli importi variano in base alle fasce di età e ogni anno vengono rimodulati dall’Ente stesso. Quelli aggiornati al 2018, sono:

  • 221,09 euro all’anno fino a 30 anni di età;
  • 429,16 euro all’anno dal compimento dei 30 fino ai 35;
  • 805,35 euro all’anno dal compimento dei 35 anni fino ai 40 anni;
  • 1487,33 all’anno dal compimento dei 40 fino all’età del pensionamento di Quota A
  • 805,35 all’anno per gli iscritti oltre i 40 anni ammessi a contribuzione ridotta ( a questa categoria appartengono solo gli iscritti che hanno presentato la scelta prima del 31 dicembre 1989. Dal 1990 non esiste più la possibilità di richiedere la contribuzione ridotta).

A queste somme va aggiunto anche il contributo di maternità, adozione e aborto di 40 euro all’anno.

L’ENPAM invia a domicilio il bollettino da pagare ma si potresti optare anche per la domiciliazione bancaria. Nel caso in cui il bollettino non ti arrivi entro la scadenza prevista dovrai scaricarlo dall’area privata del portale.

Per quanto riguarda la “Quota B” la borsa del corso in Medicina Generale va dichiarata per intero. Vanno dichiarati anche i redditi che derivano dallo svolgimento dell’attività medica e odontoiatrica, come ad esempio sostituzioni o certificati. Attenzione a non dichiarare invece i compensi per l’attività di guardia medica in quanto la ritenuta ENPAM  è già applicata in busta paga. La borsa di specializzazione è invece soggetta a contribuzione presso la gestione separata Inps; non va quindi dichiarata nel Modello D e quindi non è soggetta all’applicazione della Quota B.  L’aliquota intera da applicare sul reddito libero professionale è il 16,50% fino a un importo massimo di 101.427,00; sugli importi residui, oltre questo tetto, si versa l’1%. E’ possibile, per i tirocinanti nel corso di formazione in Medicina Generale, richiedere l’aliquota ridotta al 2%.

Devi sapere che L’ENPAM garantisce sia a chi è in MMG sia a chi in specializzazione un assegno di maternità che corrisponde all’80% di 5/12 del reddito professionale che l’iscritta ha denunciato ai fini fiscali nel secondo anno precedente alla data del parto ( si considera il parto effettivo e non la data presunta: per cui ad esempio se, secondo i calcoli, si presume che il bambino nasca il 30 dicembre 2017 ma poi nasce il 3 gennaio 2018, si prende come riferimento il reddito del 2016, dichiarato nel 2017). In ogni caso è comunque previsto un assegno minimo di gravidanza, garantito a tutte le dottoresse anche in assenza di redditi, e un importo massimo. Hanno diritto all’indennità di maternità:

  • tutte le professioniste iscritte all’Ordine purchè non siano tutelate da altre gestioni. l’Enpam integra comunque le prestazioni che non dovessero arrivare al minimo assicurato;
  • le iscritte al corso di formazione in Medicina Generale;
  • le specializzande per periodi eventualmente non coperti dalla borsa di specializzazione ( se il bambino nasce al termine del periodo di formazione oppure quando la specializzanda ha già fatto 12 mesi di assenza per maternità o malattia).

Per le donne la specializzazione (SSM)  garantisce anche uno stipendio per la maternità, cosa che non succede per quelli di MMG che invece possono sospendere la formazione gratis (ma hanno diritto da subito all’assegno ENPAM). Per chi è in formazione MMG non c’è assegno di maternità coperto dalla borsa di studio ma c’è solo l’assegno ENPAM. Inoltre la dottoressa può sospendere il corso di formazione e recuperarlo in seguito oppure non sospenderlo, in quanto l’assegno di maternità viene erogato “indipendentemente dall’effettiva astensione dall’attività”.

 

Partita iva medici in Regime forfettario

Ora vorresti aprire la partita iva da medico e ciò che ti consigliamo per te che sei all’inizio della tua carriera, è di  aderire al Regime Forfettario in modo tale da poter usufruire della tassazione agevolata al 5% che, dopo 5 anni di attività, salirà al 15%. Inoltre, in questo modo, sarai esonerato dall’applicazione della ritenuta d’acconto del 20%. Trattandosi del regime forfettario i costi e i ricavi presunti  si calcolano in base al coefficiente di redditività che, nel tuo caso, è il 78%.

Per farti capire quanto potresti guadagnare usufruendo della tassazione agevolata, ti faccio un esempio:

  • 10.000 euro di fatturato all’anno
  • 10.000,00 x 78% = 7.800 euro è la base imponibile fiscale
  • 10.000,00 x 22%  = 2.200 euro l’anno di costi presunti
  • 7.800,00 x 5%= 390 imposta annua
  • 10.000,00 – 2.200,00 – 390,00 = 7.410 euro di ricavo annuo

La partita iva può essere aperta online e potresti farlo con noi di IMPRENDITORIAMO: ti semplificheremo notevolmente la procedura, evitando che tu possa perdere tempo utile per iniziare la tua attività.

Partita iva medici: Passaggi chiave per aprire la partita iva

  1. Il primo step sarà quello di inquadrare la tua attività attraverso l’individuazione del giusto codice ATECO da assegnarti. In questo caso il Codice ATECO risulta essere 86.21.00 denominato “Servizi degli Studi Medici degli Studi di Medicina Generale” fino a che non avrai preso la specializzazione.
  2. Successivamente il tuo codice  ATECO sarà più  specifico, ad es. 86.22.06 “Centri di Medicina Estetica”.
  3. Comunicazione alla camera di commercio: il tempo di apertura è molto veloce, dopo la comunicazione fatta da noi passerà qualche ora prima di avere il numero di partita IVA, oppure puoi andare tu in AdE e te la daranno subito.

Da questo momento in poi potrai iniziare tranquillamente ad esercitare la tua professione senza nessun tipo di preoccupazione.

 

Nelle scorse settimane ci sono arrivate delle richieste da parte dei nostri clienti riguardanti l’inquadramento fiscale e contributivo dei venditori porta a porta. Dopo alcune ricerche, abbiamo visto che questa professione sta tornando molto in voga e ci è sembrato meritevole dedicare un articolo su Come aprire Partita iva venditore porta a porta.

 

Chi è il Venditore Porta a porta

La vendita porta a porta è una tecnica di vendita abbastanza efficace perché il venditore si reca direttamente a casa dell’acquirente e quest’ultimo ha la possibilità di toccare con mano il prodotto e provarlo. Il venditore a domicilio o venditore porta a porta, che tutti abbiamo in mente è il signore del folletto o di prodotti cosmetici; tuttavia, questo tipo di commercio può essere applicato anche ai prodotti più disparati.

 

I requisiti del venditore porta a porta

Per effettuare la vendita porta a porta, e più in generale l’attività del commercio, sono necessari dei requisiti. Non possono quindi effettuare una attività commerciale i soggetti che:

  • sono dichiarati falliti, sino alla data di chiusura del fallimento;
  • abbiano riportato una condanna per delitto per il quale è stata prevista una pena non inferiore a tre anni di detenzione;
  • abbiano riportato una condanna per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, estorsione, rapina, reati contro l’igiene e la sanità pubblica;
  • abbiano riportato condanne per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti.

In questi casi, vige il divieto di esercizio di attività commerciali almeno per i cinque anni successivi da quando è stata scontata la pena.

L’inquadramento della vendita a domicilio

Il venditore, per prima cosa, non rientra nell’inquadramento degli agenti di commercio o dei procacciatori di affari e normalmente agisce senza vincolo di subordinazione nei confronti dell’impresa mandataria. Per questo motivo, la vendita porta a porta viene considerata una forma particolare di vendita al dettaglio di beni e servizi. In linea generale inoltre, salvo un’autorizzazione scritta, non ha la facoltà di riscuotere il corrispettivo, effettuare sconti o eventuali dilazioni.

 

Come opera il venditore porta a porta

Per potere operare, i venditori porta a porta devono avere una lettera di incarico, sia nel caso in cui lavorino con un contratto di lavoro dipendente sia che lavorino in forma autonoma. Inoltre, in merito alla sua attività, secondo l’art. 19 del D.Lgs n. 114/98, il venditore porta a porta durante la sua attività di vendita, deve avere necessariamente un tesserino di riconoscimento fornitogli dell’azienda.

Come guadagna il venditore porta a porta

Il compenso del venditore che non ha vincolo di subordinazione con l’impresa avviene tramite provvigioni sugli affari conclusi. Quindi, maggiore sarà il valore d’affari portato dal venditore maggiore sarà il compenso che gli spetterà.

 

L’inquadramento fiscale del venditore porta a porta

Dal punto di vista fiscale, è molto importante vedere come viene determinata l’imposta sul reddito del venditore a seconda del suo inquadramento come venditore occasionale o professionale. Il suo inquadramento inoltre, ha delle conseguenze in termini di IVA.

 

L’imposta sul reddito del venditore porta a porta

Il venditore porta a porta, non può essere trattato come un agente di commercio tuttavia, per quanto riguarda la determinazione delle imposte sui redditi,  rientra in una disciplina simile. Come riportato nell’art. 25-bis del D.P.R. n. 600/73 si afferma infatti che le provvigioni percepite dai venditori porta a porta sono soggette ad una ritenuta a titolo d’imposta del 23% da parte dell’azienda. Attenzione! La ritenuta deve essere applicata sull’ammontare delle provvigioni percepite ridotte del 22% a titolo di deduzione forfettaria (da non confondere con il regime forfettario che non si può nemmeno applicare per questa tipologia di attività).

Il valore quindi dell’imponibile netto  sul quale calcolare la ritenuta del 23% è infatti non l’intero ammontare ma il 78%.

La conseguenza dell’applicazione della ritenuta è che i venditori saranno esonerati dalla dichiarazione dei redditi. Questo esonero è valido solo se il venditore non percepisca altri redditi. Nel caso percepisse altri redditi, il venditore dovrà presentare la dichiarazione senza indicare però le provvigioni percepite. Oltre all’esonero dalla dichiarazione dei redditi i venditori a domicilio sono esonerati anche dall’applicazione della disciplina IRAP e dagli studi di settore.  La dichiarazione IVA, lo spesometro, la tenuta delle scritture contabili e le comunicazioni trimestali ai fini IVA invece rimangono obbligatorie e non possono essere omesse.

Il sostituto di’Imposta

Vista l’applicazione delle ritenute nel momento dei pagamenti, l’azienda mandataria agisce da sostituto d’imposta per il venditore porta a porta. Anticipiamo inoltre che l’azienda opererà come sostituto sia nel caso di venditore a domicilio occasionale che professionale. Le ritenute a titolo d’imposta saranno versate tramite modello F24 ogni 16 del mese da parte dell’azienda committente.

Fin ad ora, abbiamo solo accennato a venditori porta a porta occasionali e professionali ma andiamo a vedere quali sono nel dettaglio le differenze tra loro all’interno della disciplina fiscale.

Il venditore porta a porta occasionale

La disciplina prevede che il venditore porta a porta possa esercitare la sua professione in maniera professionale o occasionale a seconda della sussistenza di alcune condizioni. All’interno dell’art. 3 della legge n. 173\2005 si afferma che la vendita a domicilio è considerata una attività occasionale fino a quando il reddito netto annuo derivante da tale attività non superi € 5.000. Questo è da tenere in considerazione con la deduzione forfettaria del 22%. Quindi a lordo della deduzione l’importo massimo sarà di circa € 6.400.

Come si precisa nell’art. 25-bis, comma 6, del D.P.R n. 600\73, la ritenuta dell’impresa è a titolo d’imposta ed il venditore non è tenuto a sommare altri eventuali redditi ai fini IRPEF. Il venditore porta a porta quindi non dovrà dichiarare il suo reddito da venditore nel modello unico se di importo minore di € 6.400.

Fino a raggiungere del limite predetto, il venditore porta a porta non avrà l’obbligo dell’apertura della partita IVA e dall’applicazione dell’IVA sui suoi compensi.

Il venditore a domicilio occasionale, quindi dovrà rilasciare una ricevuta alla società per l’importo delle provvigioni spettanti. In questa ricevuta, dovrà indicare l’importo della deduzione forfettaria e della ritenuta che sarà versata il 16 del mese successivo dalla società mandante a titolo di sostituto d’imposta.

Il venditore porta a porta professionale

Il venditore che supera la soglia di provvigione lorda limite (€ 6400 circa) deve obbligatoriamente aprire la partita IVA entro 30 giorni dal superamento del limite.

Puntualizziamo inoltre che, qualora in un determinato periodo il venditore dopo l’apertura della partita IVA, diventando a tutti gli effetti un venditore professionale,  non superi la soglia minima (€ 6.400) rimane soggetto passivo IVA e non può essere più considerato occasionale.

I soggetti che svolgono l’attività di venditori porta a porta in maniera professionale quindi devono aprire la partita IVA. Il codice Ateco con cui si registreranno in sede di apertura sarà il 46.19.02, identificato in procacciatore d’affari di vari prodotti senza prevalenza alcuna”.

Nota importante da ricordare è che i venditori a domicilio non possono usufruire del regime forfettario poiché hanno una loro propria disciplina fiscale.

Precisiamo che l’apertura della partita IVA venditore porta a porta non deve essere seguita da comunicazione unica verso il Registro delle Imprese,  in quanto non è prevista l’iscrizione in camera di commercio e non si è nemmeno sottoposti alla gestione INPS commercianti (la cui iscrizione comporta per agenti e procacciatori con partita IVA invece il versamento del minimale pari a 3600 euro annui). Parleremo sotto della gestione contributiva.

Gli adempimenti contabili del venditore porta a porta

Dopo aver visto le differenze tra i due tipi di venditori, vediamo quindi quali saranno gli adempimenti contabili al quale saranno soggetti i venditori porta a porta, sia nel caso di venditore occasionale che professionale.

  • venditore a domicilio occasionale (senza partita IVA):
    • nessun adempimento contabile
  • venditore a domicilio professionale (con partita IVA):
    • registrazione mensile o trimestrale delle fatture di provvigioni,
    • versamento IVA mensile o trimestrale tramite F24 telematico,
    • presentazione Dichiarazione IVA Annuale con sistema telematico,
    • presentazione Comunicazione Liquidazioni IVA trimestrali,
    • presentazione Telematica Spesometro (Elenco Clienti e Fornitori)

Partita iva venditore porta a porta: gestione contributiva

L’art. 44 del D.L. n. 269/2003 afferma che i soggetti incaricati delle vendite a domicilio sono obbligati all’iscrizione alla Gestione Separata INPS nel momento del superamento di € 5.000 di provvigioni nette.

Possiamo dire quindi che il chi apre la Partita iva venditore porta a porta sarà obbligato all’iscrizione alla Gestione Separata INPS nel momento in cui scatta anche l’obbligo dell’apertura della partita IVA e la sua attività da occasionale diventa professionale. Da quel momento in poi, i contributi saranno versati sulla parte eccedente sulla parte eccedente i 5.000 € di provvigioni nette. Inoltre, la soglia di esenzione da contribuzione dei 5.000 € di provvigioni nette è annuale. Significa che ogni anno, fino al raggiungimento di € 5.000 di provvigioni sarà esonerato dalla contribuzione INPS.

Facciamo un esempio per essere più chiari su come calcolare i contributi per un venditore porta a porta.

Ipotizziamo che il nostro sig. Bodoni, venditore a domicilio abbia avuto provvigioni annue per € 20.000

Provvigioni lorde € 20.000

Deduzione forfettaria 22% (€20.000×22%)= € 4.400

Imponibile € 15.600

Soglia di esenzione € 5.000

Imponibile netto € 10.600

Contributi INPS da versare aliquota 2018: 33,72% € 10.600x 33,72%= € 3574,32

In merito al versamento dei contributi per la Gestione Separata INPS questi, dovranno essere versati per un terzo dal venditore porta a porta e per 2/3 dall’azienda mandante. I contributi dovranno essere versati entro ogni 16 del mese successivo al pagamento delle provvigioni.

Il venditore, operante in modo professionale, dovrà quindi porre in fattura le trattenute per i contributi INPS, del valore di un terzo dei contributi dovuti.

A differenza di agenti e procacciatori non è previsto il pagamento dei contributi fissi sul minimale (pari a 3.600 euro annui).

Inoltre, come chiarito dal Ministero del Lavoro nella Nota 25.07.2005 n. 2018, i venditori porta a porta non sono assoggettati all’assicurazione INAIL anche se svolgano le attività “pericolose” individuate dall’art. 1 TU n.1124/65 tra le quali l’uso del computer e l’uso di veicoli a motore personalmente condotti.

Per concludere è bene anche puntualizzare per evitare eventuali dubbi che, chi apre la partita iva venditore porta a porta non sono iscrivibili ad ENASARCO. Ciò perché la lettera d’incarico stipulata fra le parti non è un mandato di agenzia. È importante infatti, negli accordi commerciali stabiliti nella lettera d’incarico, evitare di configurare i venditori a domicilio con le caratteristiche predeterminanti degli agenti di commercio come attribuire una zona in esclusiva, vincolare gli i venditori porta a porta con obblighi di fare e non fare e tutti gli elementi tipici del mandato di agenzia.

 

Spese e detraibilità iva

Chi ha la Partita iva venditore porta a porta di cui alla Legge 173/2005, non presenta la dichiarazione dei redditi per le provvigioni percepite, come contemplato dalla R.M.180/E del 12.07.95, non potrà detrarre nessun tipo di spesa ai fini IRPEF.

Le provvigioni sono assoggettate ad una ritenuta d’imposta definitiva alla fonte (Art.25 Bis 6’Comma).

Nella seguente tabella sono elencate alcune spese per le quali e’ detraibile solamente l’IVA al 100% per l’attivita’ di Incaricato alle Vendite a Domicilio in contabilità semplificata come previsto dal DPR.633/72.

Agli Incaricati alle Vendite è preclusa la possibilità di optare per il regime dei Minimi o Forfettario in quanto la Legge stessa lo esclude perchè già tale inquadramento usufruisce di un regime fiscale agevolato.

Attenzione: Recenti verifiche effettuate dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza hanno contestato le provvigioni degli IVD quale reddito (provvigioni) soggetto a ritenuta d’imposta definitiva quando il contribuente ha detratto l’IVA sulle fatture di acquisto. Tale contestazione è stata rilevata in quanto, l’organo di controllo, ha considerato il contribuente non più un semplice IVD con esclusione dalla presentazione della dichiarazione dei redditi ma ha accertato, in considerazione delle fatture di acquisto detratte, un’attività “organizzata” d’impresa e quindi non più riconducibile all’attività di semplice IVD usufruendo dei vantaggi fiscali e previdenziali. La Guardia di Finanza ha emesso verbale di accertamento poichè il contribuente è stato equiparato, fiscalmente, ad un’attività organizzata e pertanto simile alla figura di procacciatore di affari o agente di commercio con l’obbligo di iscrizione alla CCIAA, Ivs Inps Commercianti e l’obbligo della presentazione della Dichiarazione dei Redditi.

La contestazione ha determinato il pagamento delle imposte a saldo con tutte le riprese fiscali e irrogazione delle relative sanzioni.

Consultare la tabella di confronto tassazione fra IVD e Agenti/Procacciatori.

 

TIPO DI SPESA DETRAZIONE IRPEF   DETRAZIONE IVA
SPESE DI CANCELLERIA zero 100%
SPESE PUBBLICIATARIE zero 100%
SPESE CONTABILITA’ zero 100%
SPESE PER DIMOSTRAZIONI zero 100%
FOTOCOPIATRICE zero 100%
COMPUTER zero 100%
CALCOLATRICE zero 100%
TELEFAX zero 100%
REGISTRATORE PER INTERVISTE zero 100%
BOLLETTE ENEL USO UFFICIO zero 100%
BOLLETTE TELECOM AFFARI zero 100%
BOLLETTA TELEFONO CELLULARE zero 50%

 

Nota: si consiglia di non detrarre l’IVA sugli acquisti in quanto si potrebbe incorrere in una contestazione dell’attività svolta considerata non più di semplice Incaricato ma organizzata d’impresa e pertanto riconducibile ad attività di Procacciatore di Affari o Agente di Commercio con conseguenze di recupero retroattivo d’imposte e contributi INPS non versati oltre alle relative sanzioni di legge.

Stai per emettere la tua prima fattura come agente di commercio in regime forfettario e non sai come fare?

Abbiamo scritto questo articolo concentrandoci sulla tua situazione per rispondere in modo chiaro e immediato a tutti i tuoi dubbi.

 

Come fare la fattura per  un agente di commercio o rappresentante in regime forfettario.

Per un agente di commercio titolare di Partita IVA che aderisce a uno dei regimi di vantaggio, regime Forfettario o regime dei Minimi, ci sono degli accorgimenti molto importanti da considerare al momento della compilazione della fattura. 

Probabilmente lo sai già, però è utile ricordare che gli agenti di commercio hanno l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti e, quindi, di versare i Contributi INPS. Inoltre vi è l’obbligo di pagare un contributo aggiuntivo chiamato ENASARCO di cui parleremo più avanti. 

La legge non ti impone un formato predefinito per la creazione della fattura degli agenti di commercio e rappresentanti in regime forfettario, infatti potresti realizzarla a “mano” con carta e penna oppure avvalerti di prestampati che puoi acquistare in qualsiasi cartoleria. 

Il primo punto sul quale devi porre attenzione è la creazione della fattura in duplice copia, una la consegnerai al cliente e l’altra devi conservarla tu. Per questo motivo, se devi emettere molte fatture, ti consigliamo di utilizzare un programma come quello che utilizzano gratuitamente i nostri clienti: FATTURIAMO. 

Ti aiuterà a: 

  • rendere il lavoro di fatturazione più semplice;
  • evitare di incorrere in errori di compilazione;
  • prendere dimestichezza con le tecnologie digitali.

 

Il secondo punto importante riguarda gli elementi necessari, senza i quali il documento non può essere considerato valido.

1. Elementi identificativi del prestatore, in questo caso l’agente di commercio o rappresentante, che emette fattura

  • Ragione sociale/Nome e Cognome 
  • Sede legale: via, numero civico, comune e provincia
  • Numero della Partita Iva
  • Codice fiscale (non obbligatorio ma consigliamo di inserirlo).

 

2. Elementi identificativi del cliente

  • Ragione sociale/Nome e Cognome 
  • Indirizzo: via, numero civico, comune e provincia
  • Numero della Partita Iva (nel caso sia un’impresa)
  • Codice fiscale. 

 

3. Elementi identificativi del documento

  • Tipo documento (fattura, nota di credito, ecc..)
  • Numero del documento
  • Data del documento.

 

N.B LA NUMERAZIONE DEVE ESSERE PROGRESSIVA E UNIVOCA, PUOI DECIDERE SE UTILIZZARE IL FORMATO NUMERO/ANNO (es 01/2019) OPPURE UNA NUMERAZIONE CONTINUA INFRANNUALE (se nel 2018 hai emesso fatture dalla numero 1 alla numero 11, nel 2019 continuerai dalla numero 12). 

Per favorire i controlli annuali ti consigliamo la prima opzione.

 

4. Elementi identificativi della prestazione.

  • Descrizione della prestazione dettagliata in modo tale che in sede di verifica da parte delle autorità non possano sorgere dubbi sull’attività svolta
  • Compenso per ogni prestazione svolta
  • Ritenuta Enasarco sull’imponibile (da sottrarre);
  • Rimborsi per spese sostenute in nome e per conto del cliente (es. Ia marca da bollo), devono essere accompagnate dai relativi documenti giustificativi.
  • Totale fattura, quindi la somma
  •  Marca da bollo per fatture con totale fattura superiore a euro 77,47

 

Quando e perché si deve inserire la marca da bollo?

Alla tua fattura emessa in regime forfettario dovrai applicare la marca da bollo tutte le volte che il totale della fattura sarà superiore a 77,47 euro. La marca da bollo da 2 euro è obbligatoria perché i compensi corrisposti sono non soggetti ad IVA. 

L’applicazione è un tuo obbligo ma puoi addebitare il costo al cliente, l’importante è che la data della marca da bollo non sia successiva alla data della fattura. Se invece vuoi mandare la fattura via mail puoi conservare tu l’originale e inviare al cliente una scansione

In tutte le copie della fattura ricordati di inserire questa dicitura:

“Imposta di bollo da 2 euro assolta sull’originale per importi maggiori di 77,47 euro”.

 

Quale è la dicitura da inserire in fattura per il regime forfettario?

Nel momento della compilazione della fattura un altro passaggio importante è quello di inserire la dicitura con i riferimenti normativi al regime di vantaggio. E’ necessario essere molto chiari, per cui se sei un agente di commercio o rappresentante in regime forfettario dovrai inserire questa dicitura:

“Regime forfettario – Operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, commi da 54 a 89, della Legge n. 190/2014 così come modificato dalla Legge numero 208/2015 e dalla L.145/2018. Senza applicazione di IVA e ritenuta d’acconto”.

Mentre se sei un agente di commercio o rappresentante in regime dei minimi dovrai riportare questa dicitura: 

“Regime dei minimi – Prestazione svolta in regime fiscale di vantaggio ex art. 1, commi 96-117, legge 244/2007 come modificata dall’art. 27, Dl 98/2011 e pertanto non soggetta a IVA né a ritenuta d’acconto ai sensi del provvedimento n. 185820/2011 dell’Agenzia Entrate”.

 

Cos’è il contributo ENASARCO?

Il contributo ENASARCO è un importo, per il 50% a carico del mandante e per l’altro 50% a carico dell’agente di commercio e rappresentante, sulla base delle provvigioni maturate. La quota a carico dell’agente di commercio deve essere inserita nel modello di fattura sottraendola dall’imponibile in quanto, dopo essere trattenuta, sarà versata dal mandante. Per determinare a quanto ammonta questo importo devi conoscere 3 elementi:

  • l’aliquota contributiva
  • il massimale
  • il minimale

Le aliquote contributive sono soggette ad incremento dal 2013. Infatti, il Regolamento delle attività istituzionali prevede un aumento graduale delle aliquote contributive, spalmato in un arco di temporale di otto anni (dal 2013 al 2020) durante i quali si passerà dal 13,5% al 17%. Per il 2019 l’aliquota prevista è, quindi, del 16,50%, cioè 8,25 % a carico del mandante e 8,25 a carico del mandatario.

I contributi previdenziali Enasarco prevedono:

– la quota minima di contributi a favore della cassa è detta minimale; 

– la provvigione massima su cui calcolare i versamenti è chiamato massimale.

ENASARCO. Come funziona il calcolo del massimale

I contributi possono essere versati fino al limite massimo indicato dalla quota di massimale dell’anno di riferimento. Le provvigioni che superano questo massimale impongono, comunque, la comunicazione dell’importo maturato, ma per le somme eccedenti non deve essere versato alcun contributo. Se dalla somma delle provvigioni del I e II trimestre si è già superata la soglia di provvigione massima annuale ( nel 2019 è previsto un tetto di 38.331,00 euro per monomandatari e 25.554,00 euro per plurimandatari), per le parti restanti dell’anno non è più dovuto alcun versamento. Per il trimestre in cui si supera la quota massima, l’importo della provvigione soggetto ad aliquota 2019 è unicamente quello che rimane per raggiungere il massimale 2019. Così se un plurimandatario nel II trimestre ha raggiunto una provvigione complessiva di 27.000,00 euro, sui 1.446,00 euro di somma eccedente non è dovuto alcun versamento.

 

ENASARCO. Come funziona il calcolo del minimale

Il versamento dei contributi Enasarco sono richiesti dal momento in cui viene corrisposta una provvigione e l’effetto si ripercuote anche sui trimestri antecedenti con effetto retroattivo. Se, ad esempio , nel II trimestre si matura la prima provvigione senza superare il minimale trimestrale, la somma dovuta sarà comprensiva anche del I trimestre arretrato. Così, nel caso di monomandatari, il minimale 2019 per trimestre viene ad essere di 214,00 euro. Quindi, il minimale calcolato al II trimestre sarà di 428,00 euro e il contributo dovuto sarà, in totale,  di 70,62 euro . Per i trimestri successivi è obbligatorio il pagamento del minimale anche se non si sono maturate provvigioni, o se sono rimaste sotto la soglia minima. 

Devo firmare la fattura?

Quando l’incasso non è avvenuto attraverso mezzi tracciabili è buona norma inserire una dicitura in fattura con la firma del professionista: 

“Pagato in contanti”.

Il valore di questa firma è quello di “quietanza”, cioè l’attestanzione di aver ricevuto il compenso così come da fattura, ed è importante al fine di permettere al cliente di dimostrare l’avvenuto pagamento.

 

Posso recuperare la ritenuta d’acconto versata erroneamente dal mio cliente?

Sì, a fine anno è sempre possibile recuperare gli acconti versati erroneamente dal tuo cliente tramite la compensazione con le imposte che dovrai pagare. Non dimenticare di informare il tuo consulente in modo che conosca gli importi da compensare.

ESEMPIO FATTURA AGENTI DI COMMERCIO IN REGIME FORFATTARIO

 

Stai pensando di aprire la tua attività e vuoi essere certo di quando dovrai pagare le tasse?

Oppure hai già aperto la partita IVA e ancora non hai chiaro quando devi iniziare a pagare imposte e contributi?

Come ricordiamo in tutte le nostre guide, il regime forfettario è davvero molto semplice da gestire sia per i professionisti che per le imprese. Per darti un’idea generale devi sapere che in estrema sintesi i termini di versamento ordinari per tutti i contribuenti in regime forfettario partono dall’anno successivo in cui apri la tua attività.

 

Se hai aperto la tua attività nel 2019 pagherai le prime imposte tra il 30 giugno e il 30 novembre del 2020.

 

In base al tipo di professione o impresa in realtà ci sono delle differenze, per ciò dobbiamo fare delle precisazioni a seconda del tipo di attività.

 

PROFESSIONISTI SENZA CASSA

ARTIGIANI E COMMERCIANTI

GEOMETRI

MEDICI

Professionisti senza cassa

Giugno:

  • il 30/06 SALDO imposta sostitutiva e contributi INPS della Gestione Separata;
  • il 30/06 ACCONTO al 40% dell’imposta sostitutiva e dei contributi INPS della Gestione Separata.

N.B. Se non hai a disposizione tutta la liquidità necessaria puoi dividere il pagamento fino a 6 rate che avranno le seguenti scadenze:

  1. 30/06
  2. 16/07
  3. 20/08
  4. 16/09
  5. 16/10
  6. 16/11

Novembre:

  • 30/11 Secondo ACCONTO al 60% dell’imposta sostitutiva e al 40% dei contributi INPS della Gestione Separata.

N.B. Per questo versamento non è prevista la rateizzazione.

 

Artigiani e commercianti

Febbraio:

  • 16/05 Premio INAIL per gli Artigiani (in un’unica soluzione o rateizzato in 4 versamenti).

Maggio:

  • 16/05 Rata contributi fissi INPS Artigiani e Commercianti calcolati sul minimale (1° rata);
  • 16/05 Premio INAIL per gli Artigiani (eventuale 2° rata).

Giugno:

  • il 30/06 SALDO imposta sostitutiva e contributi INPS calcolati sull’importo oltre il minimale;
  • Diritto Camerale Annuale (il primo anno devi versarlo entro 30 giorni dalla tua iscrizione alla CCIAA);
  • il 30/06 ACCONTO al 40% dell’imposta sostitutiva e dei contributi INPS calcolati sull’importo oltre il minimale.

N.B. Se non hai a disposizione tutta la liquidità necessaria uoi dividere il pagamento fino a 6 rate che avranno le seguenti scadenze:

  1. 30/06
  2. 16/07
  3. 20/08
  4. 16/09
  5. 16/10
  6. 16/11

Agosto:

  • 20/08 Rata contributi fissi INPS Artigiani e Commercianti calcolati sul minimale (2° rata);
  • 20/08 Premio INAIL (3° rata).

Novembre:

  • 16/11 Rata contributi fissi INPS Artigiani e Commercianti calcolati sul minimale (3° rata);
  • 16/11 Premio INAIL (4° e ultima rata);
  • 30/11 Secondo ACCONTO al 60% dell’imposta sostitutiva e al 40% dei contributi INPS calcolati sull’importo oltre il minimale.

N.B. Per questo versamento non è prevista la rateizzazione.

Febbraio dell’anno successivo:

  • 16/02 Rata contributi fissi INPS Artigiani e Commercianti calcolati sul minimale (4° rata);

Generico professionisti con cassa

La maggior parte degli ordini professionali hanno la propria cassa previdenziale con regole che divergono sia per ciò che riguarda il calcolo che per ciò che riguarda le scadenze di versamento dei contributi. Sarà sufficiente reperire tutte le informazioni sui siti web istituzionali. In questa guida vogliamo riproporvi in modo chiaro le scadenze che riguardano le imposte che dovrete versare.

Giugno:

  • il 30/06 SALDO imposta sostitutiva;
  • il 30/06 ACCONTO al 40% dell’imposta sostitutiva

N.B. Se non hai a disposizione tutta la liquidità necessaria uoi dividere il pagamento fino a 6 rate che avranno le seguenti scadenze:

  1. 30/06
  2. 16/07
  3. 20/08
  4. 16/09
  5. 16/10
  6. 16/11

Novembre:

  • 30/11 Secondo ACCONTO al 60% dell’imposta sostitutiva.

N.B. Per questo versamento non è prevista la rateizzazione.

 

Medici

La Quota A e la Quota B possono essere versate in un’unica soluzione oppure rateizzando gli importi.

Aprile 2019:

  • 30/04 nel caso di un’unica soluzione Quota A;
  • 30/04 I rata Quota A.

Maggio 2019:

  •   

Giugno 2019:

  • 30/06 II rata Quota A;

Luglio 2019:

Agosto 2019:

Settembre 2019:

  • 30/09 III rata Quota A;

Ottobre 2019:

Novembre 2019:

  • 30/11 IV rata Quota A;

Dicembre 2019:

  • II rata

Febbraio 2020:

  • 28/02 III rata Quota B;

Aprile 2020:

  • 30/04 IV rata Quota B;

Giugno 2020:

  • 30/06 V rata Quota B;

 

Vuoi aprire un’erboristeria ma non conosci i requisiti e le procedure da adottare? Con questa guida cercheremo di aiutarti a chiarire le tue idee.

In Italia le normative in merito all’apertura dell’attività per erboristerie sono lasciate alla regolamentazione comunale.

Ecco perché, prima di aprire la partita IVA per un’erboristeria, è buona norma informarsi adeguatamente sui regolamenti previsti in ciascun Comune. In questa guida ti aiutiamo a chiarire le idee sulla tipologia di erboristeria che vuoi avviare.

 

Competenze professionali per aprire un’erboristeria

Come in tutte le attività, aprire un’erboristeria richiede delle competenze specifiche e a maggior ragione, in un settore particolare e delicato come questo, sarà la tua preparazione a fare la differenza tra te e i tuoi concorrenti. Quando hai a che fare con la salute ed il benessere delle persone il maggior valore è nel servizio e non nel prodotto in sé.

Il primo passo per l’apertura di questa attività è capire che tipo di prodotti intendi vendere. Fai molta attenzione a questa distinzione perché da questa scelta dipenderà la necessità di essere in possesso di alcuni requisiti.

 

E’ necessario distinguere in:

  1. attività di produzione, trasformazione e commercializzazione di piante officinali sfuse e loro derivati;
  2. commercio al dettaglio di soli prodotti confezionati (esclusa la miscelazione e la preparazione di erbe, tisane o fitoderivati);

 

Nel primo caso è necessario almeno un titolo di quelli che seguono:

  • laurea triennale in Tecniche Erboristiche;
  • laurea in Farmacia;
  • laurea in Chimica;
  • diploma di specializzazione in Scienza e Tecnica delle piante officinali o in Farmacognosia.

 

Nel secondo caso invece si rientra in una più semplice attività commerciale al dettaglio.

Se hai in mente di proporre tisane e infusi ai tuoi clienti sappi che è illegale, infatti non è possibile servire bevande nelle erboristerie a meno che non si faccia richiesta di autorizzazione alla somministrazione.

 

N.B. Se intendi somministrare preparati commestibili (anche gratuitamente), devi rispettare le normative sulla somministrazione di alimenti e bevande che prevedono il possesso dell’attestato SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande). L’ottenimento dell’attestato è soggetto alla regolamentazione comunale quindi le modalità previste per ottenerlo possono variare.

 

Generalmente sono:

  • aver frequentato un corso di abilitazione professionale;
  • aver operato per almeno due anni (anche non consecutivi nell’arco dell’ultimo quinquennio) come titolare, socio o dipendente qualificato in un’attività di somministrazione;
  • essere in possesso di un diploma o laurea in un indirizzo che prevede lo studio della preparazione e commercio degli alimenti.

 

Si tratta di normative che possono variare da comune a comune, per cui è sempre meglio rivolgerti al SUAP della tua zona per ottenere maggiori informazioni.

 

Procedura e costi per aprire la partita IVA per l’attività di erboristeria

Chiarito che l’investimento più importante che bisogna sostenere è quello relativo alla formazione, passiamo all’identificazione dell’attività ai fini della richiesta della partita IVA.

Il codice ateco da utilizzare per la richiesta della partita IVA è 47.75.20 (ERBORISTERIE) e dovrai comunicare l’inizio dell’attività ai seguenti enti:

  • Comune tramite il SUAP per il riconoscimento dei requisiti;
  • Camera di Commercio per l’iscrizione dell’impresa;
  • INPS per il versamento dei contributi;
  • Agenzia delle Entrate per l’attribuzione della partita IVA.

 

Se preferisci non occuparti di queste pratiche e vuoi velocizzare la procedura, affidati a noi di Imprenditoriamo. Ti semplificheremo notevolmente le cose, evitando che tu possa perdere tempo utile per iniziare la tua attività.

Costi per l’apertura della partita Iva per l’attività di erboristeria

Per aprire un’erboristeria l’iscrizione in Camera di Commercio ha un costo di circa 35,50 euro per diritti e bolli. Il diritto annuale che dovrai pagare per mantenere l’iscrizione alla CCIAA è di 53 euro. I contributi INPS invece saranno di circa 3800 euro annuali da versare trimestralmente a maggio, agosto, novembre e febbraio dell’anno successivo.

 

Esempio in Regime Forfettario:

Attività di Erboriesteria codice ateco 47.75.20 →  incassi di 50.000 euro e coefficiente di redditività del 67%.

Notiamo subito che l’imponibile (incassi – costi forfait) eccede la soglia di 15.878, ne dovremo tenere conto nel calcolo.

Supponiamo che nell’anno siano stati versati 3800 euro di Inps.

Imponibile previdenziale → 50.000×40%= 20.000

INPS da pagare sul minimale → 3.800 (con riduzione del 35% = 2.470)

imponibile INPS oltre il minimale → 20.0000 – 15.878 = 4.122

INPS da pagare oltre il minimale → 4.122×24%= 989 (con riduzione del 35% = 643)

Imponibile fiscale → 20.000-3.800(INPS anno precedente)= 16.200

Imposta da pagare →16.200×15%= 2.430 (o 5%= 810 se nuova attività)

Ciò che ti rimarrà in tasca i primi 5 anni è 50.000-3.800-989-810= 44.401 (con la riduzione INPS circa 46.077). Ciò che ti rimarrà in tasca gli anni successivi è  50.000-3.800-989-2.430= 42.781 con la riduzione INPS circa 44.457).

 

Esempio in Regime Normale:

Attività di Erboriesteria codice ateco 47.75.20 →  incassi di 50.000 euro e costi 30.000 euro

Supponiamo che nell’anno precedente siano stati versati 3800 euro di Inps.

L’imponibile INPS oltre il minimale è di → 20.000-15.878=4.122

INPS da pagare oltre il minimale → 4.122×24%=989

Imponibile fiscale → 20.000-3.800(INPS anno precedente)= 16.200

Imposta da pagare secondo il calcolo progressivo  → 3.164

Ciò che ti rimarrà in tasca (senza considerare i costi in modo da paragonarlo al regime forfettario) è 50.000-3.800-989-3.164= 42.047

 

N.B. il regime forfettario non sempre è conveniente dal punto di vista fiscale, però semplifica notevolmente la gestione dell’attività e permette, a chi vuole intraprendere l’attività di impresa, di non ritrovarsi a combattere con la burocrazia

 

Sei un imprenditore artigiano in regime forfettario e hai appena avviato la tua attività ma non sai come compilare la tua prima fattura?

Non preoccuparti, con queste poche e semplici regole sarà un gioco da ragazzi!

 

Come fare una fattura per artigiano in regime forfettario

La prima regola che devi tenere a mente per impostare le fatture è il tuo regime di appartenenza. Infatti, se aderisci a un regime “di vantaggio” (cioè quello forfettario o dei minimi), non dovrai applicare nessuna percentuale IVA poiché ne sei esonerato.

In secondo luogo la fattura dovrà essere emessa in duplice copia: una la consegnerai al cliente e l’altra la conserverai tu. Per questo motivo, se devi emettere molte fatture, ti consigliamo di utilizzare un programma come quello che utilizzano gratuitamente i nostri clienti: FATTURIAMO.

Ti aiuterà a:

  • rendere il lavoro di fatturazione più semplice;
  • evitare di incorrere in errori di compilazione;
  • prendere dimestichezza con le nuove tecnologie.

Ma andiamo a vedere più nel dettaglio la struttura della fattura.

Nella prima parte verranno riportati sia gli elementi identificativi tuoi e del cliente.

I tuoi saranno:

  • ragione sociale – se sei una ditta individuale ricordati che devi inserire il tuo cognome e nome subito dopo il nome della tua impresa. Puoi denominare la tua impresa utilizzando solo “COGNOME NOME” oppure “NOMEDIFANTASIA di COGNOME NOME”;
  • logo;
  • sede legale: via, numero civico, Comune e Provincia;
  • numero della Partita IVA;
  • Codice fiscale.

Subito dopo andranno inseriti i dati del cliente:

  • ragione sociale o Nome e Cognome;
  • Indirizzo (via, numero civico, Comune e Provincia);
  • Numero della Partita IVA (nel caso in cui la possegga);
  • Codice Fiscale.

Nella seconda parte avremo gli elementi identificativi della fattura:

  • il tipo di documento, che può essere fattura, nota di credito, ecc..;
  • il numero del documento che dovrà essere progressivo. Infatti non ci possono essere due fatture con lo stesso numero. La composizione della cifra sarà numero/anno (ad esempio 01/2019);
  • la data del documento che dovrà essere sempre progressiva. Infatti rispondendo alla domanda di alcuni clienti, voglio farti notare che è possibile che più fatture siano state emesse lo stesso giorno anche verso lo stesso cliente.

La terza parte è il cuore della fattura in cui dovrai inserire:

  • la descrizione della prestazione di servizi o del bene venduto che dovrà essere il più dettagliata possibile;
  • la quantità, riferita all’unità di misura (Kg, pezzi, numero, etc.). Ci potrebbero essere dei casi in cui l’unità di misura potrebbe essere irrilevante o difficile da definire, in questi casi puoi farne a meno;
  • il prezzo unitario (riferito al prezzo di unità del bene/prestazione);
  • l’IVA, che in questo caso sarà pari allo 0%;
  • la marca da bollo di 2,00 euro;
  • il totale della fattura.

 

Quando e perché inserire la Marca da Bollo

Poiché la tua fattura non è soggetta a IVA dovrai applicare la marca da bollo del valore di 2,00 € in tutti quei documenti fiscali di importo superiore ai 77,45 €.

Potrai applicarla tu stesso o il cliente, l’importante è che la data della marca da bollo non sia successiva alla data della fattura e dovrai inserire la seguente dicitura: imposta di bollo da 2 euro assolta sull’originale per importi maggiori di 77,47 euro

 

Dicitura da inserire in fattura per il regime forfettario o dei minimi

Ultima ma non meno importante è la dicitura che dovrai riportare nella parte finale della tua fattura.

Se aderisci al regime forfettario dovrai inserire Regime Forfettario non soggetto IVA. Operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, commi da 54 a 89, della Legge n. 190/2014 così come modificato dalla Legge numero 208/2015 e dalla Legge n. 145/2018”.

Se invece aderisci al regime dei minimi dovrai inserire: Operazione effettuata da soggetto appartenente al regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e per i lavoratori in mobilità di cui all’art. 27 commi 1 e 2 D.L. 98/2001.

 

Devo firmare la fattura?

Quando l’incasso non è avvenuto attraverso mezzi tracciabili è buona norma inserire una dicitura in fattura con la firma del professionista: “Pagato in contanti”.

Il valore di questa firma è quello di “quietanza”, cioè l’attestazione di aver ricevuto il compenso così come da fattura, ed è importante al fine di permettere al cliente di dimostrare l’avvenuto pagamento.

 

Esemprio fattura

 

I documenti alternativi alla fattura

Oltre alla fattura esistono anche altri documenti fiscali che puoi utilizzare:

  • la ricevuta fiscale;
  • lo scontrino fiscale.

Entrambi devono essere conformi alle previsioni di legge riportando gli elementi che sono essenziali per ciascuno.